Si continuano a ricevere notizie su aggressioni a medici e infermieri da parte di utenza inferocita.
Più volte al PS dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania si sono registrati episodi di violenza ai danni del personale sanitario. Ogni evento suscita clamore a seguito di qualche articolo. Gente indignata, commenta al bar o a lavoro l’accaduto. Si schierano da una parte o dall’altra. Chi critica l’operato dei sanitari, che hanno solo la colpa di lavorare in un complesso meccanismo quale può essere la nostra sanità. Chi li difende, comprendendo i “miracoli” che vengono compiuti lavorando sottorganico e in strutture concepite per un affluenza 5 volte inferiore a quella servita.Proprio così! i disagi in questo importante pronto soccorso situato nel cuore di Catania, parte dai numeri. La struttura dovrebbe servire 40 pazienti/die, e sopperisce a una errata gestione sanitaria, che costringe il pronto soccorso a trattare 180/200 pazienti/die. Proviamo a pensare come sia gestire questi numeri, filtrando, attraverso un triage, le precedenze di trattamento, dove ognuno percepisce come prioritaria la propria. Una lotta giornaliera. Sono convinto delle buone intenzioni di tutta l’amministrazione, ma resta evidente che la problematica ancora non è stata risolta.
Lo scorso 17 ottobre, il PS del Vittorio avrebbe dovuto attivare un servizio di sicurezza particolare, pensato per questa realtà tanto singolare. La Direzione, a seguito dei molteplici atti di violenza, ha pensato una immediata soluzione per fronteggiare questi episodi. L’idea è stata quella di fornire di braccialetto identificativo i parenti. Sistema che permette di identificare il parente accompagnatore, garantendo l’accesso all’OBI di una sola persona per paziente. Un meccanismo quasi geniale. Si riducono le persone negli spazi comuni e di lavoro, si identificano tutti, si attiva di fatto un deterrente per quei pochi malintenzionati, ovvero per i pochi nervosi che si rivolgono alla struttura.
Pochi minuti sono stati sufficienti per comprendere l’inefficacia dell’iniziativa. E’ bastata una piccola calca di una cinquantina di persone per scoraggiare l’azienda dall’applicare tali braccialetti. Per stessa ammissione del Direttore dell’U.O. PS del Vittorio Dott. Giuseppe Carpinteri, la pratica dei braccialetti è stata accantonata per motivi di sicurezza, dichiarando a ultimatv: «Vero. Nel giro di due ore, nella parte centrale della mattinata (quando eravamo presenti, ndr), si sono accalcate circa una cinquantina di pazienti. Si è trattato di un caso eccezionale e, visti i numeri e le ansie generali, abbiamo ritenuto utile non richiedere le generalità ai parenti per il braccialetto, per evitare suscettibilità che potessero ingigantirsi!».
La questione sembra ovvia. L’affluenza continua ad essere inadeguata per quella struttura. Il personale continua ad essere inadeguato per quella affluenza. L’attesa diventa sempre più lunga, mettendo a rischio ritardo anche i codici più urgenti. Tutto questo, forse, ma è solo un dubbio, non è che si possa risolvere con una regoletta. Anzi per essere più puntuali, la regoletta ad una folla che s’infervora, perché ormai lo fa per consuetudine, non è proprio applicabile.
Forse c’è bisogno di un radicale cambiamento. Forse necessita un processo di riqualificazione del piano di emergenza sanitario a Catania. Qualcosa che individui le soluzioni “vere” e applicabili.
Nel frattempo io elogio i colleghi che lavorano in trincea. Perché è una guerra. Andare a lavoro e rischiare di essere malmenato, di essere minacciato, di perdere coscienza sotto i pugni di un folle…permettetemi di dire che questa è guerra. Una guerra che i poveri soldati combattono per salvare la vita dei parenti degli stessi carnefici.
Non ci resta che aspettare Natale. Chissà se le festività, ormai alle porte, non ci portino un bel regalo: la vera soluzione ad un problema così annoso.
Aspettiamo la risposta delle istituzioni.
Fonte: ultimatv
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