Ormai assediati dai cittadini,
i Pronto Soccorso sono l’ultima oasi di cura
nel deserto della sanità
A pochi giorni dall’apertura del Pronto Soccorso di via S.Sofia, i numeri sull’afflusso giornaliero dei cittadini che si sono riversati nella nuova Struttura sono tali – circa 250 – che, impongono una seria e immediata riflessione, per tentare di comprendere e prevenire il fenomeno del sovraffollamento (overcrowding), che come è noto, investe tutto il Mondo.
Tale fenomeno è estremamente complesso, le cui cause risultano essere intrinseche ed estrinseche all’organizzazione del sistema dell’emergenza, coinvolgendo quindi, in toto il Presidio Ospedaliero e di conseguenza la Medicina Territoriale dove esso è ubicato.
Ad oggi, dunque, il paventato pericolo di sovraccarico del Pronto Soccorso del Garibaldi, come unico presidio di emergenza/urgenza rimasto nel centro città, non si è palesato, mentre e forte l’impatto che sta subendo quello del Policlinico.
Qualcuno tenta di spiegare i fatti con l’effetto nuova apertura o con presunti e “anomali” smistamenti dei pazienti da parte della centrale operativa del 118, noi del NurSind crediamo che, – al di là delle opportune verifiche – le ragioni che sedimentano a fondo siano ben diverse, tant’è che il ricorso indistinto al Pronto Soccorso da parte dei cittadini va avanti da parecchi anni, parallelamente allo smantellamento progressivo della medicina cosiddetta di prossimità o territoriale, e più in generale della sanità pubblica.
Noi del NurSind, rappresentiamo gli infermieri, coloro che, insieme ad altro personale ha retto a questa ondata, e nel caso specifico, non siamo qui a lamentarci per la cronica carenza di personale, in quanto abbiamo contezza che il personale in dotazione al Pronto Soccorso è congruo, rispetto alla dotazione organica con l’afflusso “certificato” del vecchio pronto soccorso del Vittorio Emanuele – e di questo va dato atto – ma di certo non lo è allorquando si verifichino un numero così nettamente superiore di accessi(circa il 30% in più). Del resto, ormai siamo abituati, con il nostro lavoro, a picchi stagionali di sovraffollamento, operando in ben altre condizioni.
Riteniamo che le politiche sanitarie regionali non affrontino in maniera forte e incisiva, la questione di eccedenza della domanda di prestazioni richieste rispetto alle risorse disponibili, ossia percorsi alternativi di cura nel Territorio, percorsi questi che risultano insufficienti a soddisfare le richieste di diagnosi e cura, con pletoriche liste di attesa e in generale una mediocre qualità dei servizi.
Perché allora le persone che hanno un bisogno di salute meno grave o differibile si reca in massa nei Pronto Soccorso? Possono essere individuate delle ragioni ben precise?
E’ innegabile, che il pronto soccorso eserciti un’attrattiva irresistibile per i pazienti, e anche se l’attesa risulta caotica, fornisce prestazioni 24 ore al giorno, 7 giorni la settimana; un’attesa di alcune ore permette di completare iter diagnostici che – eseguiti a livello ambulatoriale – richiederebbero code per la prenotazione, per l’esecuzione, il pagamento di molti ticket e tempi di esecuzioni prolungati.
Il Pronto Soccorso è per definizione una struttura ospedaliera che garantisce l’esecuzione dell’attività diagnostica e terapeutica ai pazienti che accedono in ospedale in situazione di emergenza o urgenza e che richiedono interventi immediati, di fatto però, si stima che circa il 30% delle prestazioni risultano non urgenti.
Quindi, anche se in sede di triage viene assegnato un codice di priorità basso e in cui sussiste un’assenza delle compromissioni delle funzioni vitali, del rischio evolutivo di compromissione della persona o di un suo organo, e che dunque sarebbe potenzialmente rinviabile al medico di base, il paziente continua a sostare, in maniera impropria. Tutto ciò, può avere conseguenze anche gravi tra cui le inappropriate permanenze in barella dei pazienti anche diversi giorni e il relativo incremento degli eventi avversi con l’aumento della mortalità a 10 e a 30 giorni.
Se non viene adeguatamente modulata l’offerta di cura nel territorio, con la possibilità di effettuare esami diagnostici e poter smistare i codici minori verso percorsi che ne affrontino la cura, ci ritroveremo spesso a fronteggiare situazioni di sovraffollamento nei Pronto Soccorso. A tal proposito, è doveroso dire che, nella nuova esitanda Rete Ospedaliera siciliana sono scomparsi due argomenti chiave, ossia, l’istituzione dell’infermiere di famiglia integrato nell’assistenza domiciliare e la nascita degli ospedali di comunità.
Questi due semplici strumenti, ove posti in essere, potrebbero dare un notevole contributo non solo rispetto al tema del sovraffollamento dei pronto soccorso, ma soprattutto al cambiamento delle esigenze di salute dei cittadini, nonché per la qualità del lavoro degli operatori sanitari. Crediamo insomma, che alla cura delle persone si debba dare una risposta strutturale e non episodica.
In conclusione, se non si interviene in maniera strutturale e vigorosa, per le tante persone che hanno bisogno, il Pronto Soccorso rimarrà un’ Oasi in mezzo al deserto, e proprio come una “carovana” che raggiunge l’Oasi in cerca di acqua per il ristoro, le persone che arrivano al Pronto Soccorso vanno in cerca di cure per risollevarsi, lasciandosi alle spalle un deserto nel quale a malapena si scorgono le famose, ma buone a nulla “cattedrali”, ma questa è un’altra storia.
Emilio Benincasa
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