Cari Colleghi,
in questi mesi, dell’Opera Diocesana Assistenza di Catania si è parlato molto. Una vera e propria guerra a colpi di carta bollata, giudici e avvocati; ingarbugliata quasi all’inverosimile.
La drammatica condizione finanziaria che già tormentava l’ente e i suoi dipendenti ha creato le condizioni per l’arrivo di personaggi esterni che, dati alla mano, piuttosto che risollevare le sorti della fondazione hanno portato i libri contabili al tribunale fallimentare allo scopo di realizzare un concordato.
Ricordiamo che il concordato, in generale, è inserito nella “legge fallimentare” .
Nello specifico “ Il concordato con continuità aziendale” è disciplinato dall’articolo 186 bis della legge fallimentare e trova applicazione allorché il piano concordatario preveda la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il suo conferimento (sempre in esercizio) in una o più società anche di nuova costituzione.
La continuità non è contraddetta dalla liquidazione dei beni purché non funzionali all’esercizio dell’impresa.
Si sono sprecati fiumi d’inchiostro, fino a creare due fazioni in lotta con al centro lavoratori che, disorientati dalla quantità straordinaria di informazioni e disinformazione, patteggiavano per l’una o per l’altra “casata”.
La cosa gravissima a nostro parere, in questa assurda storia (probabilmente unica nel suo genere) è osservare e leggere da parte di alcuni soggetti, anche sindacali, il continuo sminuire una situazione gravissima che rischia di portare allo sfascio decenni di lavoro di chi l’ODA invece l’ha costruita.
Cosa volevano costoro, che arrivasse l’autorità giudiziaria a prendere mobili e suppellettili per metterli all’asta prima di perdere la serenità?
Quale apparente tranquillità invece avevano raggiunto i lavoratori se molti liberi professionisti attendono ancora mesi e mesi di parcelle (anche 10.000/12.000 euro procapite) ed alcuni hanno dovuto comunicare che non hanno più i mezzi economici per andare a lavorare?
I fornitori invece, che ovviamente a quanto parrebbe non sono stati pagati regolarmente, hanno proposto i decreti ingiuntivi che oggi costituiscono un cappio al collo dell’ente ecclesiastico con buona pace della “finta serenità” che qualcuno vantava.
Giorno 29 Maggio la sentenza del Tribunale di Catania, sezione fallimentare, è stata chiara: L’ODA è ente ecclesiastico e come tale lo stato deve astenersi da ogni valutazione di merito, rimettendosi all’esclusiva competenza dell’autorità ecclesiastica.
Il tribunale fallimentare non riconosce di fatto il CDA dell’ODA come soggetto “titolato” ai fini della procedura fallimentare e che l’ente ecclesiastico, soggiace in via primaria al diritto canonico e solo secondariamente alla normativa statutaria che risponde alle leggi della repubblica.
Tempo fa dicemmo che qualcuno doveva fare un passo indietro per il bene dei lavoratori e degli assistiti. Oggi ribadendo con forza questo concetto, vogliamo sottolineare l’importanza di un sindacato che non danneggia alcuni lavoratori al fine di salvaguardarne altri.
Perché questo non è fare sindacato.
Questo è altro.
Salvo Vaccaro
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