“Ed è proprio sulla scorta del comma 3 dell’art. 23 del CCNL di afferenza, citato e allegato alla memoria di parte resistente, appare chiaro che – ferma restando a monte l’erroneità del conteggio del comporto – la ricorrente non avrebbe dovuto subire il recesso dal rapporto di lavoro, se non dopo essere stata sottoposta ad apposita visita medico-collegiale. Infatti ai sensi della norma citata, trascorsi entrambi i periodi di comporto, l’infermiera avrebbe dovuto essere sottoposta ad accertamenti sanitari e solo ed esclusivamente nell’ipotesi di dichiarata permanente inidoneità a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l’Azienda avrebbe potuto procedere al licenziamento”.

Con questa motivazione il tribunale di Catania con la sentenza 19643 del 21.05. 2018, ha condannato l’Azienda Policlinico Vittorio Emanuele di Catania al reintegro nel posto di lavoro dell’infermiera ed a corrispondere alla ricorrente un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione, maggiorate di rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data di maturazione di ciascun credito.

fatti

L’infermiera, dipendente del Policlinico Vittorio Emanuele, in data 5 gennaio 2017, era stata licenziata per il superamento del periodo di comporto.
La lavoratrice aveva chiesto all’Azienda, la fruizione di ulteriori 18 mesi, in aggiunta al primo periodo di cui aveva usufruito; era stata licenziata per superamento dei 1080 giorni previsti per la malattia, con la seguente pronuncia:
Vista la Deliberazione n. 989 del 12.08.2014 con la quale è stato concesso al dipendente matr. 8560, la possibilità di usufruire di ulteriori 18 mesi di assenza dal servizio per motivi di salute, di cui al c. 2 art. 23 del citato CCNL, e della circostanza di risoluzione del rapporto di lavoro in caso di mancato rientro in servizio. Considerato che il dipendente in oggetto, dopo una richiesta di congedo ordinario, ha prodotto ulteriore certificazione medica dal 10/12/2016 al 19/12/2016; ritenuto, pertanto, di poter dichiarare risolto il rapporto intrattenuto con la dipendente”.
L’infermiera, patrocinata dal NurSind Catania e dall’Avv. Alberto Amato ha pertanto trascinato l’Azienda in giudizio, ritenendo illegittimo il licenziamento.

 

Cos’è il periodo di comporto?
In caso di malattia, il lavoratore ha diritto a conservare il proprio posto di lavoro per un determinato periodo (tale periodo è, appunto, chiamato “comporto”): questo significa che, durante il comporto, il dipendente non potrà mai essere licenziato. Viceversa, se l’assenza si protrae oltre tale periodo, il datore può licenziare il dipendente.
Il lavoratore, colpito da malattia di particolare gravità per la quale è previsto dalla legge o dal Ccnl l’obbligo del datore di conservare il posto per periodi di tempo eccedenti il limite massimo del comporto, ha l’onere di informare il datore dell’insorgenza e della natura della malattia da cui è affetto prima che il datore eserciti la facoltà di recesso.

 

L’infermiera, così si difendeva, affermando l’errore nel calcolo del periodo di comporto:
la assoluta mancanza di motivazione del licenziamento, stante la riscontrabile lacunosità del licenziamento stesso e la vacuità del riscontro all’accesso agli atti/richiesta di motivazione; – la pretestuosità, erroneità e illegittimità dei conteggi effettuati dalla Resistente relativi ai giorni di assenza per malattia; – il mancato superamento del periodo di comporto e il diritto della ricorrente alla conservazione del proprio posto di lavoro;- la nullità e illegittimità del licenziamento impugnato; e per l’effetto condannare l’Azienda Ospedaliero- Universitaria “Policlinico-Vittorio Emanuele” di Catania ….a:-reintegrare la lavoratrice nella stessa sede e con le stesse mansioni a cui la stessa era adibita;- conseguenze risarcitorie, retributive e contributive per legge

Il tribunale di Catania Sez. Lavoro quindi, accoglie il ricorso e reintegra la lavoratrice, avendo accertato l’errore nel calcolo del periodo di comporto. La dipendente si era assentata per malattia per un totale di 945 giorni e non per i 1080 dichiarati dall’Azienda.
In aggiunta la Corte richiama l’articolo 23 del CCNL comparto sanità del 01.09.1995:
Al lavoratore che ne faccia tempestiva richiesta prima del superamento del periodo previsto dal comma 1 può essere concesso di assentarsi per un ulteriore periodo di 18 mesi in casi particolarmente gravi ovvero di essere sottoposto all’accertamento delle sue condizioni di salute … al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro”.
L’infermiera avrebbe dovuto essere sottoposta ad accertamenti sanitari e solo ed esclusivamente nell’ipotesi di dichiarata permanente inidoneità a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l’Azienda avrebbe potuto procedere al licenziamento.

 

L’affondo di Marco Di Bartolo Segretario Aziendale NurSind Policlinico- Ma in questo caso specifico, il funzionario che con tanta supponenza e disinvoltura, ha determinato il licenziamento illegittimo dell’infermiera verrà rimosso dal suo ufficio? O resterà ancora li a generare danni?
Gli si regalerà un pallottoliere per farsi meglio i conti la prossima volta prima di buttare in mezzo alla strada un’altra lavoratrice?
Per non parlare poi del danno all’erario cagionato visto che il tribunale ha disposto anche il risarcimento.
Siamo proprio curiosi di vedere quali provvedimenti verranno presi. Oppure tutto passerà, come sempre succede nel nostro Paese, in allegra cavalleria.